venerdì 27 gennaio 2017

Il mito del minotauro nella Divina Commedia

Dante, per la composizione della Divina Commedia, ha attinto da un vasto repertorio di personaggi storici, personaggi a lui contemporanei e molte figure mitologiche. Interessanti sono quelli appartenenti al mito del minotauro, ovvero Minosse, Pasifae, Teseo e il mostro stesso.


Minosse

Minosse si trova nel II cerchio infernale, ovvero quello dei lussuriosi. Egli è il Giudice dei dannati. Avvolge la sua coda attorno al corpo del dannato tante volte quanti sono i cerchi che dovrà scendere
per trovare la sua collocazione. Viene citato anche da Guido da Montefeltro  (XXVII, 124-127) e da Griffolino d'Arezzo (XXIX, 120).

Inferno, V, vv 4-12                                                     Parafrasi

Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:                        Minosse sta orribilmente sulla soglia e ringhia:essamina le colpe ne l' intrata;                                   esamina le colpe dei dannati che si presentano;giudica e manda secondo ch' avvinghia.                  li giudica e li destina a seconda di come attorcigli la coda.Dico che quando l'anima mal nata                             Dico che quando l'anima dannata li vien dinanzi, tutta si confessa;                              si presenta davanti a lui, rende piena confessione; e quel conoscitor de le peccata                                  e quel conoscitore dei peccati vede qual loco d'inferno è da essa;                         stabilisce in quale zona dell'Inferno debba andare;cignesi con la coda tante volte                                   si cinge con la coda tante volte quantunque gradi vuol che giù sia messa.            quanti sono i Cerchi che il dannato deve discendere.





Pasifae


Pasifae, viene collocata  nella VII Cornice del Purgatorio, dove si sconta il peccato capitale della
lussuria. La regina, lussuriosa secondo natura per aver fornicato con una bestia, si contrappone ai sodomiti, lussuriosi contro natura.









Purgatorio, XXVI, 40-42                                    Parafrasi

la nova gente: «Soddoma e Gomorra»;                nuovi arrivati gridavano: «Sodoma e Gomorra»;
e l’altra: «Ne la vacca entra Pasife,                     e gli altri: «Pasifae entra nella vacca di legno,

perché ’l torello a sua lussuria corra».                 perché il toro corra a soddisfare la sua lussuria».


80-87

Nostro peccato fu ermafrodito;                            Il nostro peccato, invece, fu di natura eterosessuale; 
ma perché non servammo umana legge,               ma poiché non osservammo la legge umana,
seguendo come bestie l’appetito,                          seguendo come bestie l'appetito dei sensi, 

in obbrobrio di noi, per noi si legge,                      per nostra vergogna quando ci separiamo
quando partinci, il nome di colei                           gridiamo il nome di colei (Pasifae)

che s’imbestiò ne le ’mbestiate schegge.                che divenne una bestia nella falsa vacca di legno.

Il Minotauro

Scendendo dal VI al VII cerchio degli inferi, Dante e Virgilio si ritrovano in una impervia discesa. E' qui che incontrano il minotauro, che vedendo i due avventurieri viene preso dall'ira a tal punto da
mordere se stesso. Virgilio dice al minotauro che nessuno di loro è Teseo, l'eroe che lo uccise, e che non sono lì per istruzione di sua sorella Arianna. Dante, utilizza il minotauro come simbolo della violenza, di coloro che si sono abbandonati a istinti bestiali e hanno danneggiato il prossimo.

Inferno, XII, vv 10-21                                               Parafrasi

cotal di quel burrato era la scesa;                         così era la discesa di quel burrone infernale;
e ’n su la punta de la rotta lacca                             e proprio all'inizio del dirupo
l’infamia di Creti era distesa                                  era distesa la vergogna di Creta,            

che fu concetta ne la falsa vacca;                         che fu concepita nella finta vacca; 
e quando vide noi, sé stesso morse,                       e quando (il Minotauro) ci vide, si morse
sì come quei cui l’ira dentro fiacca.                       come colui che è sopraffatto dall'ira.          

Lo savio mio inver’ lui gridò: «Forse                  Il mio maestro gridò verso di lui: «Forse
tu credi che qui sia ’l duca d’Atene,                     credi che qui ci sia il duca d'Atene (Teseo),
che sù nel mondo la morte ti porse?                        che nel mondo ti procurò la morte?      

Pàrtiti, bestia: ché questi non vene                       Vattene via, bestia: infatti costui non viene
ammaestrato da la tua sorella,                              seguendo le istruzioni di tua sorella (Arianna), 

ma vassi per veder le vostre pene».                        ma va a vedere le vostre pene».


Teseo

Dante cita Teseo tre volte nel suo poema. Quando incontra il minotauro (vedi sopra); nel Canto IX
dell'Inferno, quando incontra le Furie, le quali si rammaricano di non aver respinto l'attacco di Teseo; infine, nel XXIV Canto del Purgatorio, viene ricordato come l'eroe che combatté contro i centauri, esempi di gola punita.

Inferno, IX, vv 52-54                                        Parafrasi

«Vegna Medusa: sì ’l farem di smalto»,            «Venga qui Medusa, così lo trasformeremo in pietra!»,
dicevan tutte riguardando in giuso;                     dicevano tutte guardando in basso; 

«mal non vengiammo in Teseo l’assalto»            «facemmo male a non vendicare l'assalto di Teseo!»

Purgatorio, XXIV, vv 121-123                         Parafrasi

«Ricordivi», dicea, «d’i maladetti                      La voce diceva: «Ricordatevi dei maledetti centauri 
nei nuvoli formati, che, satolli,                           nati da una nube, che, ubriachi,

Teseo combatter co’ doppi petti;                        combatterono Teseo coi doppi petti;





mercoledì 11 gennaio 2017

Lorenzo de Medici e "Il trionfo di Bacco e Arianna" - Canto Carnevalesco

Composto in occasione del Carnevale del 1490, Il trionfo di Bacco e Arianna è una poesia di Lorenzo de Medici, il Magnifico, appartenente ai Canti Carnascialeschi, un genere musicale diffuso nella Firenze del Quattrocento. Come suggerisce il nome, questi canti canti erano eseguiti nelle feste di Carnevale, accompagnati da carri e maschere. La metrica è di tipo folklorica, simile alla barzelletta o alla ballata.

Annibale Carracci, Trionfo di Bacco e Arianna



Il trionfo di Bacco e Arianna è forse il più rinomato canto di Lorenzo il Magnifico, con il quale invita alla gioia e alla spensieratezza ed esalta la giovinezza, rappresentata dai due innamorati, Dioniso e Arianna, e dal corteo di satiri e ninfe. Ecco a voi il componimento:





Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Quest'è Bacco e Arianna,
belli, e l'un dell'altro ardenti:
perché 'l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe ed altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia: 
di doman non c'è certezza.

Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;
or, da Bacco riscaldati,
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Queste ninfe anche hanno caro
da lor essere ingannate:
non può fare a Amor riparo 
se non gente rozze e ingrate:
ora, insieme mescolate,
suonon, canton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Questa soma, che vien drieto
sopra l'asino, è Sileno:
così vecchio, è ebbro e lieto,
se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Mida vien drieto a costoro:
ciò che tocca, oro diventa.
E che gioia aver tesoro,
s'altri poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi;
oggi siàn, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il core!
Non fatica, non dolore!
Ciò c'ha esser, convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

venerdì 6 gennaio 2017

Pasifae, dramma di Henri De Montherlant

La regina di Cnosso, Pasifae, è la protagonista del breve romanzo del francese Henri De Montherlant (1896-1972).
La donna si trova davanti una scelta di straordinaria attualità: compiere un gesto tabù, che la società considera immorale, ovvero, giacere col toro bianco, che sarà il padre del Minotauro.
Nel momento in cui decide di cedere al suo istinto, rompe le catene dell'etica e, da mitica regina, diventa eroina senza tempo. Va contro ai consigli del coro, che personifica la morale comune e si ribella a quelle leggi che non sono dettate dalla natura, ma dalla consuetudine.

Mi viene spontaneo citare Montaigne: "Chiamiamo contro natura ciò che va contro la consuetudine" (Essais, III, XXX)



Andre Masson, Pasiphae